L’Armata Brancaleone dei grillini in Europa

Tra un mese si voterà per il Parlamento Europeo e tra i partiti che chiedono il voto agli italiani per inviare una delegazione a Strasburgo c’è anche l’ineffabile Movimento 5 Stelle.

La grottesca avventura pentastellata in Europa è una storia che merita di essere raccontata, poiché descrive alla perfezione l’inconsistenza del movimento e la truffa da esso perpetrata ai danni dei suoi elettori.

Tutto comincia nel 2014. Sull’onda dell’antipolitica il Movimento 5 Stelle ottiene un ragguardevole 21% e porta in Europa 17 europarlamentari. Evidentemente i 17 avevano le idee confuse su cosa fare a Bruxelles, considerato che ai tempi volevano uscire dall’euro; ma il loro problema più urgente dev’essere stato trovare una sedia, visto che al momento dell’elezione non appartenevano ad alcun raggruppamento politico. Così cercano a loro modo di socializzare, e quel che riescono a rimediare è un imbarazzante accordo con Nigel Farage, leader degli euroscettici e ispiratore della Brexit. Qualcosa però in quel gruppo di galantuomini non va per il verso giusto, visto che la pattuglia grillina si trova a votare 7 volte su 10 insieme ai Socialisti e ai Verdi; a quel punto i nostri eroi invertono la rotta e tentano di penetrare nottetempo nel liberaldemocratico e ultraeuropeista gruppo ALDE. Vengono miserevolmente respinti, e a seguito della portata in faccia un manipolo di quattro valorosi si perde per strada migrando in altri partiti: David Borrelli prima in +Europa poi a Fratelli d’Italia, Daniela Aiuto prima in +Europa e poi ad Azione, Marco Affronte nei Verdi, Marco Zanni alla Lega. A fini folcloristici può valer la pena ricordare che, in quella legislatura, altri due eurodeputati sono stati espulsi: Giulia Moi per molestie ai suoi assistenti e Marco Valli per aver mentito sulla laurea. In questo clima spensierato, mentre in Italia Giuseppe Conte governa insieme a Salvini sequestrando migranti in mare, si arriva al termine della legislatura.

Alle europee del 2019 il tesoretto elettorale grillino viene prosciugato dall’alleato leghista e il M5S scende al 17% con soli 14 eletti. Ancora una volta i tapini non trovano un’anima buona che se li carichi, e restano tra i paria non iscritti. In Italia, intanto, i tempi sono difficili ma pieni di opportunità; l’avvocato del popolo bisticcia con Salvini e si ricicla con successo come riferimento fortissimo dei progressisti, poi viene defenestrato da Renzi e si accoda a Draghi, infine silura quest’ultimo in collaborazione con Berlusconi e con il solito Salvini. In questo bailamme, l’armata grillina in Europa è sempre alla disperata ricerca di una casa: dopo il due di picche di ALDE è la volta del “no grazie” di S&D e quindi del “manco morti” dei Verdi. Nel frattempo i nostri eroi perdono pezzi: a fine legislatura, quindi ai giorni nostri, dei 14 portavoce iniziali resteranno solo in 5, due dei quali purtroppo falcidiati dalla regola dei due mandati e quindi non ricandidabili.

Dove sono finiti gli altri nove eurodeputati eletti nelle liste grilline che oggi mancano all’appello? Interessante e istruttivo inseguirli, ma dovrete armarvi di santa pazienza.

Evi e Rondinelli sono passate al PD (Evi “la trottola” in realtà è in continuo movimento, molto difficile seguirne le tracce), e nelle sue liste ricandidate; Corrao, D’Amato e Pedicini si sono appollaiati tra le fronde dei Verdi (l’ultimo però a questo giro corre, si fa per dire, con Santoro).

Qualcuno è fuggito in direzione opposta, tra le braccia della destra: Adinolfi è entrata in Forza Italia e Gemma in Fratelli d’Italia, da questi ricandidata.

A conferma del fatto che il Movimento non è di destra né di sinistra, qualche transfuga grillino ha scoperto in fondo al suo cuore e al suo estratto conto pensionistico una vocazione liberale: Fabio Massimo Castaldo, big del movimento e vicepresidente del PE, è passato ad Azione con Calenda come pure il suo collega Marco Zullo.

Non posso terminare senza un cenno al pietoso caso di Dino Giarrusso. Come se non fossero bastate le sue gaffe linguistiche e la sua celebre performance sul prosecco, per la quale l’intera plenaria si sta ancora rotolando in terra dal ridere, l’ex iena si è definitivamente coperta di ridicolo tentando di rimediare in extremis un’improbabile candidatura: prima con Cateno De Luca, che non risulta aver mai mandato indietro nessuno in precedenza, neppure i testimoni di Geova; poi dal PD area Bonaccini, dove ha provato a infiltrarsi e da dove è stato scacciato come un cane in chiesa. A lui non rimarrà che mendicare un contrattino da Pier Silvio Berlusconi; sì, proprio lui, il figlio dello psiconano.

Tutta questa storia, incredibile a dirsi, riguarda il partito che doveva ripulire e rivoluzionare la politica, liberandola dalle grinfie dei vecchi partiti e dai giochi di palazzo; il partito che, a meno di un mese dal voto e dopo due legislature, non sa a quale famiglia politica appartiene e quindi non ha idea di come dare un minimo di concretezza alle panzane che Giuseppe Conte propina ai suoi elettori in patria. Se siete tra questi pensate ancora per un momento a Giarrusso, e fate bene i vostri conti.

Un pensiero su “L’Armata Brancaleone dei grillini in Europa

  1. Articolo magnifico come sempre. Però bisogna anche dire che che chi si fa truffare è un coglione (excuse my French…). Mattia Feltri docet (cercate lo strepitoso articolo sulla stupidità italiana).

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