Le verità taciute sul “negoziato per la pace” in Ucraina

Si moltiplicano gli appelli per un “negoziato” che possa riportare la “pace” in Ucraina.

Io dubito che tra i numerosi appellanti (mica tutti filorussi scervellati come Di Battista o incantaburini come Conte o diffamatori come Travaglio eh; ci sono pure fior di statisti europeisti come Romano Prodi) ve ne sia qualcuno che si è preso fino in fondo la briga di comprendere cosa significhi davvero, in concreto, un “negoziato per la pace” nelle condizioni date.

Ci provo io con i miei miseri mezzi allora, a insufficiente riparazione dei frivoli e generici opinionismi che ogni sera ci vengono propinati dal contingente dei maître à penser pacifinti in servizio televisivo permanente.

Innanzitutto, Putin non tratterà mai una pace, tratterà una resa dell’Ucraina. Lo ha già chiarito in modo inequivoco, e del resto sarebbe impensabile un gesto di magnanimità da uno che ha mandato a morire migliaia di suoi concittadini, impoverito e isolato la sua nazione dal resto del mondo e che adesso finalmente vede una possibilità di vittoria. Difficilmente si siederebbe al tavolo prima di aver preso Odesa e forse Kharkiv.

Conseguentemente, è fuori da ogni logica pensare che sia Zelensky – dal lato ucraino – a poter “negoziare” (in realtà ingoiare) una resa su queste basi. Zelensky non lo farebbe mai e quindi dovrebbe esser fatto preventivamente fuori (da chi?) e andarsene in esilio chissà dove. Al posto di Zelensky non potrebbe che essere installato un leader filorusso, tipo quelli che gli ucraini hanno già buttato fuori dal loro paese a calcinculo come Viktor Janukovyč. Chi si occupa di tutto questo? Chi convince gli ucraini?

Posto di riuscire ad arrivare fin qui, occorre immaginare le condizioni di Putin, alle quali non si vede come potersi opporre visto che lui, in tal caso, è disponibilissimo ad andare avanti con le bombe.

Dell’Ucraina che abbiamo imparato a conoscere e ad amare non rimarrebbe pietra su pietra. Tramite il governo fantoccio Putin colonizzerebbe il paese e porterebbe a compimento la russificazione già ben avviata nei territori annessi. La cultura e l’identità ucraine sarebbero spazzate via e seppellite insieme ai cadaveri di Bucha.

Putin pretenderebbe poi l’annessione immediata alla Russia dei territori conquistati, la smilitarizzazione dell’Ucraina, la rinuncia perpetua al suo ingresso nella Nato, il congelamento dell’adesione all’UE, il ritiro o l’ammorbidimento delle sanzioni, la riammissione della Russia al sistema di relazioni internazionali dalle quali è stata esclusa. Userebbe l’Ucraina sostanzialmente conquistata come base per estendere le sue minacce militari alla Moldavia e alle Repubbliche baltiche, che sarebbero oggetto di infiltrazioni e destabilizzazione politica/terroristica esattamente come è avvenuto con l’Ucraina.

Forte di questa vittoria, Putin riprenderebbe con rinnovata energia la più pericolosa delle sue aggressioni imperialiste: la guerra non lineare contro l’Europa e l’Occidente. I suoi manutengoli, sguinzagliati e ben oliati in tutta l’Unione si metterebbero al lavoro al grido “noi l’avevamo detto” per denigrare le strategie USA e UE di contrasto all’invasione, per magnificare le doti di statista e condottiero di Putin e per rimettergli in mano le leve della strategia energetica europea. Tutto ciò si tradurrebbe in un formidabile aiuto all’estrema destra e all’estrema sinistra continentale, che consoliderebbero il loro ruolo di avamposti russi oltre cortina senza neppure più dover dissimulare le loro simpatie. Inutile dire che di tali avamposti l’Italia è in assoluto il più robusto e motivato a far danni.

L’influenza di un Putin riabilitato si salderebbe in modo automatico e pernicioso con le tesi distopiche dei sovranisti MAGA americani, con effetti geopolitici imprevedibili in caso di vittoria di Donald Trump alle presidenziali USA. Fuori dall’Europa, Hamas e il regime degli ayatollah potrebbero contare su un alleato più forte e determinato che li aiuti a ributtare gli israeliani in mare.

Può darsi, può davvero darsi, che tutto questo non valga la vita di un solo ucraino o di un solo russo. Ma allora dobbiamo ammettere che la libertà dal nazifascismo non valeva la vita dei partigiani e che non esistono ragioni valide per nessun tipo di lotta armata. Come ad esempio quella di Hamas. In base a tale ragionamento, ad ogni prepotenza ricevuta va sempre e comunque offerta l’altra guancia, perché prendersi a schiaffi sarebbe inammissibile in via assoluta.

Chi parla di negoziato e di pace, chi accusa i sostenitori dell’Ucraina di aver “indossato l’elmetto” e sparge accuse di bellicismo – in primis quindi l’arruffapopoli grillino – dovrebbe partire da qui. Dovrebbe dirci in nome di cosa l’Ucraina dovrebbe arrendersi e fare onestamente la conta delle conseguenze di quella resa. Dovrebbe spiegare a quali condizioni, una per una, si dovrebbe sottoscrivere la tregua e assumersi la responsabilità di ogni sua ferale ricaduta sull’Italia e sull’Europa. Poi dovrebbe prendere il treno e andare a Kyiv a convincere gli ucraini. Tenendo a portata di mano l’odiato elmetto, perché lì i russi bombardano ogni giorno.

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